TIPOLOGIA: Mostra personale
INAUGURAZIONE: sabato 17 dicembre 2022 ore 18:00
DATE: 17 dicembre > 13 gennaio 2023
ORARI: lun: / merc. su appuntamento; ven. / sab. 16:00-19:00; giov. e dom. chiuso
CURATORE: Cecilia Paolini
ARTISTA: Valerio De Filippis
Facebook: ART GAP
Instagram: art_gap_gallery
Dal 17 dicembre 2022 al 13 gennaio 2023 la galleria Art GAP, a due passi da Largo di Torre Argentina, è lieta di accogliere la personale “Il crinale della mimesis” di Valerio De Filippis, a cura di Cecilia Paolini. La mostra verrà inaugurata sabato 17 dicembre 2022 alle ore 18:00.
Il demone che anima ogni essere umano è una elaborazione robusta e molto complessa che viene costruita, a volte in modo totalmente inconsapevole, ogni minuto di vita consumata. È il risultato dell’ambiente sociale e culturale nel quale nasce e cresce l’essere umano, ma anche di quella innata inclinazione inconoscibile, forse insita nella struttura fisica più intima, forse coincidente con quella che molti chiamano anima; ma come in ogni fenomeno di pensiero complesso, la somma delle parti non restituisce il totale, ma qualcosa di meno. In anni e anni di ricerca estetica, il demone artistico di Valerio de Filippis è cresciuto, si è trasformato, è diventato altro, si è arenato e addirittura annullato, generando una serie di elementi che da soli contengono una parte del tutto e tutti insieme non raggiungono la completezza. Se a questo si aggiunge la dimensione temporale, che inevitabilmente fa dimenticare se non i significati, almeno l’urgenza attraverso la quale si è costruita la dimensione della creatività, il senso di disorientamento può far perdere la propria identità. Forse per questa impossibilità di completezza e perfetta definizione che, di tanto in tanto, si sente la necessità di una sospensione, di ricomporre tutti i frammenti che il tempo ha prodotto per cercare di carpirne l’unità, per intuire quel tutto che costantemente sfugge. In questa disperata operazione di comprensione, avviene il disvelamento di ciò che è stato un percorso coerente, mai abbandonato, che ha guidato un percorso importante e necessario; questo disvelamento avviene sempre, a patto che la ricerca che si è intrapresa sia stata sincera.
Ecco le motivazioni che portano a questa mostra, che si compone di due parti, entrambe imitative, ma in senso opposto, l’una compenetrata nell’altra: in una prima, de Filippis imita la grande arte del passato, opere di autori, famosissimi come Hopper oppure ignoti, che sono entrati dentro i suoi occhi, costituendo un modello estetico non solo formale, ma tecnico-compositivo. Non si tratta di copie vere e proprie, poiché in tutti i dipinti di questa serie c’è un elemento non presente nella versione originale: il fuoco, elemento purificante ed effimero, distruttivo ma simbolo primo della civilizzazione. Questo elemento iconografico è ricorsivo e ridondante, come il martellante “Do” di Schumann, e costituisce l’elemento di riconoscibilità di quella completezza che nel tutto del catalogo di de Filippis potrebbe non essere altrettanto visibile.
La seconda parte è dedicata a de Filippis che imita se stesso, in un percorso introspettivo che ripercorre tutte le tappe della sua produzione, dalla pittura monocromatica per sottrazione di Vae Victis alla tavolozza cromatica acida di Gocce di Sole; dalle ambientazioni astanti dei Frammenti di Memoria alle aniline dell’iconica Figura.
Un’imitazione a doppio percorso che guarda la storia, dell’arte in senso generale e quella di de Filippis strictu sensu, che pone la riflessione sulla completezza guardando a un’alterità intimissima.
Completa il percorso una istallazione composta da un obelisco, eseguito nel 2012, assurto come monumento di potere in qualsiasi tempo e in qualsiasi società; un potere immobile e immutabile, in grado di intimorire per la sola presenza, un simbolo su cui ogni nazione, in un determinato momento della storia, ha riversato regole e divieti, sempre diversi, immancabilmente simili.